La religione dell'educazione. Scritti pedagogici by Aldo Capitini

La religione dell'educazione. Scritti pedagogici by Aldo Capitini

autore:Aldo Capitini [Capitini, Aldo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788861530713
Google: DbBjPAAACAAJ
editore: La meridiana
pubblicato: 2008-05-14T22:00:00+00:00


Note

* Il capitolo è tratto da A. Capitini, Educazione aperta 2, La Nuova Italia, Firenze 1968, pp. 342-353.

La Scuola-città Pestalozzi*

Nulla è tanto evidente, in paesi che subirono la dittatura centralistica di tipo fascista, quanto il fatto che il passaggio dalla scuola autoritaria alla scuola laica nazionale fu insufficiente. La posizione dell’insegnante nel rapporto con gli scolari, la struttura fissa delle “materie”, il metodo della lezione, dello studio, dell’esame, la nessuna autonomia organica e amministrativa degli scolari erano quattro elementi fondamentali rimasti immutati. Dentro c’era uno spirito di patriottismo convenzionale e retoricizzato, che rese la scuola vittima del dannunzianesimo e del nazionalismo autoritario come se nel nome della “patria” fosse lecito tutto. Mancava il senso del “controllo”, e perciò chiunque impugnasse la parola di “patria”, pareva per ciò stesso acquistare autorità. Pericoloso era anche che il termine di “patria” sembrasse avere il diritto di esercitare un dominio illimitato su tutte le forme della cultura; e soprattutto un’influenza dannosa si espandeva dal tipo cattedratico e assolutistico della struttura della scuola, per cui nessun nesso esisteva tra essa e la struttura democratica della società, che poggiava sulle elezioni, sul parlamento, sui consigli provinciali e comunali, sulle libertà di parola, di associazione, di sindacato. Perciò quando questa struttura fu violentemente mutata la scuola non ne risentì, non se ne accorse quasi, e semplicemente si avviò a subire un’esasperazione degli elementi autoritari che già possedeva.

La democrazia, largamente articolata e sentita in tutti i suoi elementi detti sopra, nessuno escluso, esige che la scuola le sia adeguata; non solo, ma non teme che sia stabilito tra la scuola e la città un nesso tale per cui nella scuola stessa già l’adolescente formi e soddisfi esigenze di tipo democratico tali, che, divenuto adulto, non accetterebbe che fossero negate e soppresse nella società. Il ragazzo che si è abituato al “controllo” della scuola, vorrà poi che la società sviluppi tale controllo e lo invigorisca in ogni campo. Quando noi andavamo a scuola non sapevamo nulla dell’amministrazione, delle spese, degli oggetti nuovi che si potevano procurare, delle iniziative che si potevano prendere, della solidarietà complessa che si poteva stabilire con tutti. Io mi recavo a vedere le riunioni del consiglio comunale pieno di interesse e di ammirazione; ma ero un’eccezione, un ragazzo frammischiato ad adulti. Non pensavo nemmeno che la scuola potesse divenire qualche cosa di simile. E insieme con questo controllo esterno, c’è il controllo interno, che abbiamo dovuto guadagnare in decenni, in un lungo travaglio di eccessive ubbidienze e di impennate affermazioni, esaltate anche dai soffi che venivano dall’individualismo nietzchiano o brandiano: quanto ci avrebbe giovato l’esercizio preciso della socialità nella scuola stessa, l’avere occasioni di dirigere, proporre, persuadere, collaborare!

Il terzo tipo di scuola è, dunque, la scuola-società, la scuolacittà, corrispondente ad una democrazia più persuasa e più impegnata. I quattro elementi, che persistevano dalla scuola autoritaria nella scuola nazionale, vengono a subire una profonda trasformazione: si hanno l’insegnante che “si aggiunge” (nel senso religioso) ai ragazzi, la scelta tra le materie, il metodo attivo dell’apprendimento, la partecipazione comune degli alunni alla scuola come società.



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